HomeAcquateI parroci di Acquate

Acquate - parroci

Don Martino Pampani (1874-1875)

Alla morte del Sac. Giosuè Valsecchi, avvenuta nel  gennaio 1871, per la parrocchia di Acquate si aprì un quadriennio travagliato e, per certi versi, molto istruttivo.

Dovendo avvalersi del loro diritto di nomina del parroco, gli acquatesi proposero di inserire nella rosa dei nomi tra i quali scegliere, quello del Sac. Luigi Sacchi, Parroco di Olate, ritenuto di ottime qualità morali e dottrinali.

Nonostante ciò, la terna che la Curia Milanese inviò il 10 dicembre 1872 (ben due anni dopo) al Sindaco di Acquate, non comprendeva questo loro candidato, ma era bensì composta da:

Sac.Luigi Combi, di anni 33, Parroco di Morterone

Sac.Angelo Luraschi, di anni 35, Coadiutore di Lecco

Sac.Martino Pampani, di anni 37, Parroco di Ballabio

Avvicinandosi il giorno delle votazioni, in paese cresceva il malcontento e l’aria si faceva oltremodo burrascosa. Anche in Acquate si avvertivano gli echi della situazione romana. Solo da due anni lo stato Sabaudo aveva invaso Roma (1870), costringendo il Papa a chiudersi in Vaticano in una prigionia di fatto e aveva promulgato la legge delle Guarentigie (13 maggio 1871), con la quale lo Stato stesso si arrogava il diritto unilaterale di decidere i diritti e i doveri del Papa sul suolo Italiano!

Il Sindaco arrivò a chiedere al sottoprefetto la presenza delle Forze dell’Ordine nel momento delle votazioni, perché temeva disordini.

Gruppi di fedeli chiesero al Sindaco di non ammettere alla votazione persone che si erano dichiarate di “Religione Razionalista” e che, avendo comunque diritto al voto, potevano determinare uno spostamento significativo dell’esito finale.

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Don Giosuè Valsecchi (1842-1871)

Nacque ad Acquate l’11 dicembre 1809, ultimo di sette figli avuti dai genitori GioMaria e Riva Paola, che poi si trasferirono, con la loro numerosa famiglia, a Castello.

Risulta che nel 1831 si trovava nel Seminario Arcivescovile di Milano dove “…attendeva allo studio delle scienze teologiche del secondo corso…”.

Fu eletto parroco di Acquate nel 1842, succedendo al fratello maggiore Don Francesco Valsecchi, già parroco dal 1828.

Sacerdote dal carattere fiero e risoluto, ma anche di grande bontà d’animo, tanto che, nell’adempimento del suo ministero pastorale, era capace di farsi in quattro per il bene degli altri.

Fu durante il suo ministero che l’Arciduca Massimiliano d’Austria donò alla Chiesa l’organo Morelli.

Rimase parroco di Acquate fino alla sua scomparsa, avvenuta il 24 gennaio 1871.

E’ ricordato come patriota antiaustriaco, ma anche antiliberale dopo il 1859, secondo quanto testimoniano alcune vicende riferite nella “Cronistoria di alcuni fatti accaduti in parrocchia tra il 1846 e il 1871” e di cui riportiamo di seguito uno stralcio che l’acquatese Cavalier Francesco Milani aveva pubblicato negli anni ’60 sul bollettino della parrocchia.

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Don Francesco Valsecchi (1828-1842)

Naque ad Acquate l’11 luglio 1784 da Giovanni Maria  e Paola Pozzi. Di lui si hanno scarne notizie:

si sa che venne eletto parroco nel 1828, che esercitò il ministero pastorale fino alla data della sua morte, avvenuta il 15 gennaio del 1842 per causa di una febbre perniciosa e che fu sepolto nel cimitero di Acquate. 

All’epoca del suo ministero, precisamente nell’anno 1836, scoppiò una terribile epidemia di colera che, solo ad Acquate, fece 90 vittime, di cui 51 maschi e 49 femmine.

Nel XIX secolo, in Italia, le epidemie di colera furono in totale sette, di cui la prima nel 1832.

Quella del 1836 partì dalle città di Genova e di Bergamo e si propagò ben presto a Brescia e Milano; dalla fine di giugno a tutto dicembre, essa si diffuse anche nel nostro territorio lecchese.

Su un totale di 120 decessi registrati in paese quell’anno, ben 90 furono appunto dovuti al morbo e quindi significativamente concentrati nello spazio di pochi mesi: 2 in giugno, 41 in luglio, 42 in agosto, 3 in settembre, 1 in novembre ed, infine, 1 in dicembre.

Un anonimo cronista valtellinese scrisse che: “I morti si seppellivano di giorno e di notte, di nascosto. I sacerdoti andavano vestiti come secolari e non si facevano né messe cantate, né benedizioni con le litanie.

In quel tempo non si lavorava, ma si pensava di far soltanto orazioni, accostarsi ai S.S.Sacramenti e fare molte opere di pietà per prepararsi a santamente morire…”!!

Il 14 agosto 1836, i confratelli della Veneranda Scuola del S.S.Sacramento di Acquate emisero un voto perpetuo che veniva ancora assolto in parrocchia fino a qualche decennio fa.

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Don Giacomo Antonio Pozzi (1809-1816)

Fu una figura di parroco assai controversa, la cui nomina, avvenuta il 13 giugno 1809, fu subito malvista dal Prevosto di Lecco, perché ritenuta legata ad interessi diversi da quelli pastorali.

Quando ancora era chierico già insignito degli Ordini Minori, precisamente nel 1778, fu necessario un intervento di Papa Pio VI per assolverlo da una censura ecclesiastica in cui era incorso dopo aver involontariamente ucciso una donna durante una battuta di caccia nei boschi di Versasio, come si può constatare dalla pergamena papale e dalla sua traduzione qui allegata.

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Don Giovanni Gattinoni (1801-1808)

Di lui si hanno poche notizie, anche per il periodo relativamente breve del suo ministero in Acquate.

Prima di divenirvi parroco, lo fu nella parrocchia della Culmine, nella pieve di Primaluna, dal 1797.

Nel 1805 trovò un accordo con gli “Ufficiali” (gli amministratori) e si fece elargire lire 12 a compenso degli aggravi dovuti alla carità verso i poveri, al consumo degli arredi, delle suppellettili, della cera e altro.

Dagli appunti lasciati dal Parroco Don Giovanni Nava(1875-1901) che aveva già ricostruito la storia acquatese dei parroci, il Gattinoni risulterebbe morto il 30 novembre 1808 e sepolto nel Sagrato di Acquate il 2 dicembre dello stesso anno.

Don Paolo Crotta (1784-1801)

Col 6 ottobre 1784 inizia la sua opera di Curato in Acquate.

Di lui sappiamo che nel 1794 voleva costruire una nuova chiesa e, per questo, aveva provveduto ad acquistare il terreno a sue spese. Ma l’intenzione non ebbe seguito per l’insorgere di discordie e male lingue.

Nel 1795 fece eseguire, sempre  a proprie spese, alcuni interventi di miglioramento all’organo della chiesa, cui furono aggiunti i registri di tromba e oboe.

In quanto titolare dell’ospedale e ricovero per anziani, dimostrandosi oculato amministratore, ne portò la rendita da 2289 a 3000 lire annui.

Incontrò difficoltà e dispiaceri per aver rinnovato gli “Ufficiali” (gli amministratori) della Parrocchia, ma ne uscì soddisfatto anche per aver ottenuto la nomina di un sacrestano, tale signor Giorgio Manzoni di Giovanni.

Ebbe anche una controversia con il Prevosto di Lecco, in quanto non aveva presenziato assieme ai sui fedeli ad una processione a Pescarenico.

Per questo fatto dovette scagionarsi davanti alla Curia Arcivescovile il 25 maggio 1793 adducendo come motivo la proibizione avuta dal medico ad intraprendere lunghi viaggi, “ per il male cui è abitualmente soggetto dello sputo di sangue e non per essere contrario a simil funzione”.

Morì nel 1801 all’età di circa 50 anni e fu sepolto anche lui nella chiesa parrocchiale il giorno 7 settembre, come attesta il documento redatto dal

Sac. Giuseppe Valsecchi, Parroco di Olate.

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